Il Palazzo Reale di Capodimonte comincia subito a vivere la sua duplice
funzione di residenza di corte e sede museale. Nel 1756, infatti, vengono
aperte al pubblico di studiosi e artisti le prime sale che raccolgono la
collezione Farnese. Ferdinando IV, successore di Carlo, affida all'architetto
Ferdinando Fuga l'ampliamento della Reggia e la cura del parco.
Con il
trasferimento di tutte le collezioni d'arte nel Palazzo degli Studi, attuale
Museo Archeologico Nazionale, avvenuto durante il decennio francese (1806-15),
la Reggia diventa residenza di Giuseppe Bonaparte e poi di Gioacchino Murat.
La funzione residenziale viene confermata da Ferdinando, tornato dall'esilio
siciliano nel 1815, che intraprende nuovi lavori nel palazzo e nel parco. Una
schiera di pittori, scultori e artigiani sono chiamati a decorare le sale
della Reggia, in particolare il Salone delle Feste e a metà secolo il
palazzo è finalmente completato.
Con l'Unità d'Italia,
Capodimonte passa ai Savoia, che promuovono grazie all'azione di Annibale
Sacco, l'arricchimento delle raccolte d'arte con il trasferimento di arredi e
oggetti dai soppressi siti reali borbonici, tra cui il celebre boudoir
di Maria Amalia di Sassonia, proveniente da Portici, o il monumentale pavimento
marmoreo d'età romana dalla Favorita di Resina. Contemporaneamente si
avvia anche la creazione di una galleria d'arte moderna acquistando dipinti di
pittori contemporanei in prevalenza napoletani. Con la morte di Sacco il
tentativo di fondere le due anime di Capodimonte, come residenza e come museo,
di fatto fallisce. Il palazzo viene destinato esclusivamente per abitazione
dei duchi di Aosta.
Nel 1920 passa dalla dotazione della Corona al demanio,
ma solo nel 1950, con l'approvazione del Ministro della Pubblica Istruzione,
si decide di ripristinarvi la sua piena ed esclusiva funzione di Museo,
attuando il progetto di Bruno Molaioli che prevede il ritorno delle collezioni d'arte medioevale e moderna dal Museo
Nazionale.