Ischia
Dal punto di vista geologico, l'isola di Ischia ha carattere
vulcanico, formatasi in seguito ad eruzioni diverse succedutesi
nel giro di circa 150.000 anni.
- Le parti più antiche dell'isola si riconoscono nei bordi delle coste meridionali (Punta Imperatore, Capo Negro, Punta Chiarito, Punta Sant'Angelo, Punta della Signora, Capo Grosso, Punta San Pancrazio, Punta della Cannuccia, Monte di Vezzi, Scarrupata di Barano) databili fra i 147.000 e i 100.000 anni fa (A.F.). Unica eccezione a settentrione l'abbiamo in Monte Vico che rientra nelle stesse formazioni ed epoche.
- Si è avuta quindi nella parte centrale dell'isola la formazione del Monte Epomeo, monte caratterizzato dai tufi verdi, risalente a ca. 55.000 A.F.
- Seguono quindi verso S-O le formazioni di Citara (33.000 A.F.), Scarrupo di Panza (tra 29.000 e 24.000 A.F.), Faro di Punta Imperatore (19.000 A.F.) e Campotese.
- Successivamente l'attività vulcanica si è spostata a N-O, con i giganteschi effluvi di Zaro e Marecocco risalenti a 6.000 A.F., che, a ridosso di Lacco Ameno, delimitano la Valle di San Montano.
- Subito dopo (intorno al 5.000 A.F.), sul lato opposto, a S-E, si è formato il Piano Liguori.
- In epoca protostorica e storica ... (continua)
L’origine del nome
- I Greci chiamavano l'isola "Pithekoussai". Questo termine, secondo alcuni linguisti, significherebbe "isola delle scimmie" (da pithekos, scimmia), in riferimento alla leggenda della presenza a Ischia dei Cercopi e della loro trasformazione in scimmie; secondo studiosi più recenti, invece, "le scimmie" sarebbero la popolazione Osca locale che i Greci trovarono, la quale essendo ancora molto primitiva e trovandosi per essi in luoghi situati ai confini estremi del mondo allora conosciuto, non fu riconosciuta nè considerata facente parte del genere umano. Plinio il Vecchio (Nat. Hist. 111, 6.82) ritiene invece che il nome sia non in relazione con le scimmie (non a simiarum multitudine), ma derivi invece dai dolii (a figlinis doliorum), in greco pythoi - termine che può collegarsi alle fabbriche di anfore o genericamente di vasi di terracotta. Tale teoria etimologica risulta, da un punto di vista archeologico, più convincente, in considerazione della fiorente attività ceramica attestata nell'isola fin nelle prime fasi della colonizzazione greca.
- I Romani chiamavano l’isola "Aenaria" (da aenus, bronzo), in riferimento alle attività metallurgiche che esistevano non solo in epoca greca a Pithecousae (località Mazzola sopra Lacco Ameno), ma anche a Carta Romana, presso l'isolotto del Castello, in epoca romana. Il poeta Virgilio la chiamava “Inarime” o “Arime”: il termine sarebbe da ricercarsi nell’Iliade (II, 783), dove si narra la storia del ciclope Tifeo che fu incatenato “ein Arimois”. Marziano Capella seguì Virgilio nell’uso di questo nome che, in realtà, non entrò mai nell’uso comune.
- L'attuale nome appare invece per la prima volta nella lettera inviata da Papa Leone III a Carlo Magno nell’813 (iscla, da insula che significa appunto isola). Alcuni studiosi, infine, ricollegano il termine alla parola di origine semitica I-schra, "isola nera" che in sè potrebbe anche essere accettabile se non fosse che dal punto di vista geologico l'isola per i suoi prodotti vulcanici appare soprattutto bianca, e dal punto di vista storico i Fenici, pur dominando il mare, su questi lidi non sono mai giunti.
La storia
La zona del Monte Vico era abitata sin dall’età del bronzo, come attestano i reperti in ceramica di età micenea e dell’età del ferro. I coloni greci dell’Eubea arrivarono da Eretria e Chalkis nell’VIII secolo a.C. per stabilirvi un emporio per il commercio con gli Etruschi della terraferma. Grazie al suo ottimo porto, la colonia di Pithecusa[1] fece fortuna grazie al commercio del ferro con il resto dell’Italia; nel periodo di massimo splendore contava circa 10.000 abitanti.
Nel 1953 l'archeologo e studioso tedesco Giorgio Buchner scoprì in una tomba un manufatto in ceramica recante un’iscrizione, noto come “Coppa di Nestore”.
Il Nestoros in incipit richiama l’omonima coppa descritta nell’XI libro dell’Iliade, tanto grande che occorrevano quattro persone per spostarla e tale da porsi in netto contrasto con il piccolo skyphos dell’incisione. Datata 730 a.C., rappresenta il più antico riferimento scritto all’Iliade nonchè il più antico esempio di poesia Greca scritta su ceramica e può essere considerata il primo precursore esistente dell’alfabeto latino.
La prima colonia greca di terraferma, Cuma, fu fondata da coloni provenienti da Ischia che forse fuggivano l’attività vulcanica dell’isola e probabilmente prese il nome dall'omonima città nella regione dell’Eubea. Nel 474 a.C. il tyrannos Gerone I di Siracusa corse in aiuto dei Cumani contro gli Etruschi e li sconfisse in mare. Occupò Ischia e le circostanti isole partenopee e vi stabilì un presidio a cui ordinò di costruire una fortezza su uno scoglio posto di fronte l’isola di Vivara (che sarebbe diventata, in seguito, il Castello Aragonese).
I romani conquistarono Ischia (e Napoli) nel 322 a.C..
Nel 6 d.C. l’imperatore Augusto restituì l’isola a Napoli in cambio di Capri. Ischia soffrì le invasioni barbariche e fu prima conquistata dagli Eruli e successivamente dagli Ostrogoti per essere infine annessa all’Impero romano d’Oriente. I bizantini consegnarono l’isola a Napoli nel 588 e nel 661 veniva amministrata da un conte fiduciario del duca di Napoli. L’area fu devastata dai Saraceni nell’813 e nell’847; nel 1004 fu occupata da Enrico II di Germania; il re normanno Ruggero II di Sicilia la conquistò nel 1130; l’isola fu saccheggiata dai Pisani nel 1135 e nel 1137 e successivamente passò nelle mani degli Svevi e degli Angioini. Dopo i Vespri siciliani nel 1282, l’isola partecipò alla rivolta riconoscendo come sovrano Pietro III d'Aragona, ma fu riconquistata dagli angioini l’anno seguente. Nel 1284 fu riconquistata dalle truppe aragonesi e Carlo II d'Angiò non fu in grado di riottenerne il controllo fino al 1299.
Come conseguenza dell’ultima eruzione verificatasi, la popolazione di rifugiò a Baia dove rimase per 4 anni. Nel 1320 Roberto d'Angiò e la moglie Sancia visitarono l’isola e furono ospitati da Cesare Sterlich, che dalla Santa Sede era stato mandato da Carlo II a governare l’isola nel 1306 e che aveva, al tempo, quasi 100 anni.
Ischia soffrì molto del conflitto tra la casata degli Angiò e quella dei Durazzo. Fu assoggettata da Carlo Durazzo nel 1382, riconquistata da Luigi II d'Angiò nel 1385 e occupata nuovamente da Ladislao di Durazzo nel 1386; fu saccheggiata dalla flotta dell’Antipapa Giovanni XXIII sotto il comando di Gaspare Cossa nel 1410 solo per essere ripresa l’anno seguente da Ladislao. Nel 1422 Giovanna II d'Angiò diede l’isola al figlio adottivo Alfonso V d'Aragona ma, quando questi cadde in disgrazia, la riprese con l’aiuto di Genova nel 1424. nel 1438 Alfono rioccupò il castello, cacciò tutti i cortigiani e lo proclamò colonia del Regno di Castiglia, facendo sposare ai propri soldati le mogli e le figlie di quelli espulsi. Diede l’avvio ai lavori di costruzione di un ponte che collegasse il castello al resto dell’isola e scavò una grande galleria. Entrambi questi lavori sono visibili ancora oggi. Nel 1442 diede l’isola a una delle sue favorite, Lucrezia d’Alagno che, una volta al potere, delegò il governo al genero, Giovanni Torella. Alla morte di Alfonso, nel 1458, restituirono l’isola alla casata angioina. Ferdinando I di Napoli diede ordine ad Alessandro Sforza di cacciare Torella dal castello e affidò l’isola, nel 1462, a Garceraldo Requesens. Nel 1464, dopo una breve insurrezione a favore di Torella, fu nominato governatore Marino Caracciolo.
Nel febbraio 1495, con l’arrivo di Carlo VIII, Ferdinando II approdò sull’isola e prese possesso del castello e, dopo aver ucciso il castellano traditore Giusto di Candida con le sue stesse mani, lasciò il controllo dell’isola a Innico d'Avalos, marchese di Pescara e Vasto, che difese abilmente l’isola dalla flottiglia francese. Fernando e la sorella Costanza, giunta assieme a lui, diedero origine alla dinastia D’Avalos che avrebbe retto la signoria dell’isola nel corso del XVI e XVII secolo.
1500 - 1700
Durante tutto il quindicesimo secolo l’isola risentì delle incursioni dei pirati e delle navi corsare berbere – nel 1543 e nel 1544 Khayr al-Dīn, detto il Barbarossa, mise l’isola a ferro e fuoco e fece 4.000 prigionieri. Nel 1548 e nel 1552 Ischia fu assalita dal successore Dragut Rais. Grazie alla diminuzione degli attacchi, alla loro minore intensità e alla costruzione di più efficaci mezzi difensivi, gli isolani cominciarono ad avventurarsi al di fuori del castello: nasceva così il centro storico di Ischia Ponte (allora conosciuto come Borgo di Celsa per i molti alberi di gelso che vi si trovavano, necessari per l'allevamento dei bachi da seta).
Nel 1647, durante la rivoluzione di Masaniello, ci fu un tentativo di ribellione contro i ricchi possidenti terrieri feudali.
Con l’estinzione della famiglia D’Avalos nel 1729, l’isola passò allo stato borbonico. Nel marzo 1734 fu presa dai Borboni e amministrata da un governatore reale che risiedeva nel castello. L’isola si ritrovò coinvolta nella Repubblica di Napoli nel marzo 1799, ma il 3 aprile il commodoro Trowbridge – sotto il comando di Horatio NelsonLord Nelson]] – sedò la rivolta a Ischia e nella vicina Procida. Per decreto del governatore molti ribelli furono impiccati a Procida e in piazza Mercato a Napoli. Fra questi vi era Francesco Buonocore, che aveva avuto il compito di amministrare l’isola dal generale francese Jean Étienne Championnet. Il 13 febbraio 1806 l’isola fu occupata dai francesi e il 24 fu attaccata senza successo dagli inglesi.
Il 28 luglio 1883 un violento terremoto che raggiunse l’ottavo grado della scala Mercalli distrusse i villaggi di Casamicciola Terme e Lacco Ameno, provocando 2.333 morti e 706 feriti. Tra le vittime del sisma, vi fu anche la famiglia del filosofo Benedetto Croce, che in quel periodo soggiornava a Casamicciola Terme
. Oggi Ischia è un'apprezzata destinazione turistica che accoglie oltre 6 milioni di visitatori l’anno, principalmente italiani e tedeschi (ci sono circa 5.000 tedeschi residenti sull’isola).